Corsa Scudetto: a che punto siamo?
Parlare di ‘Scudetto’ dopo appena 7 giornate, forse, è prematuro. In fondo ne abbiamo viste tante di squadre partite a mille e poi calate, inevitabilmente, alla distanza.
Eppure la tradizione impone che l’ormai consueta pausa Nazionali di metà novembre sia l’appuntamento per tirare le prime somme. Tra chi ha raccolto più di quanto sperato, chi si trova a rincorrere le proprie aspettative e chi – beatamente – è in linea con la propria tabella di marcia.
‘Scudetto’ era l’ultima delle parole che Stefano Pioli avrebbe sperato di trovarsi sulle labbra a 2 mesi dall’inizio della stagione. Ma la brevissima distanza tra la fine di un campionato e l’inizio di un altro ha permesso alla bolla Milan di non sgonfiarsi nel passaggio dal tepore estivo al freddo autunnale.
La magia del Milan post lockdown ha portato Ibra e compagni al sesto posto nella scorsa Serie A e li mantiene per ora più in alto di tutti dopo 7 giornate. Da quando si è tornati in campo lo scorso giugno, i rossoneri non hanno mai perso: 14 vittorie e 5 pareggi. Unica squadra imbattuta – nei confini nazionali – nel calcio nell’era Covid19.
Al secondo posto troviamo un’altra sorpresa. Di quelle apprezzate da tutti, perché sanno di miracolo all’italiana, di favola da raccontare ai bambini. Il Sassuolo di Roberto De Zerbi, però, della favola ormai non ha più nulla, anzi, è una delle realtà più apprezzabili che il calcio italiano può vantare.
Una linea verde, basata su tanti giovani, e una linea azzurra, con un blocco di giocatori che potrebbero rappresentare la spina dorsale della Nazionale di Mancini agli Europei la prossima estate. Gli schemi di un allenatore giovane e preparatissimo, che quando gli viene chiesto “Ma non andrà mai in una big?” risponde “Ci sono già“. E poi ancora, una società solida come poche. Questi gli ingredienti a far pensare che questo Sassuolo possa durare in questo campionato e nel tempo.
Dietro alle due cenerentole, c’è la Roma. Forse la grande delusa, per organico e aspirazioni, dell’anno passato. Con un anno in più sulle spalle, Fonseca sembra aver fatto il callo per un calcio italiano per cui molti lo avevano etichettato come inadeguato.
invece ora la sua Roma vince, convince, non subisce (tanti) gol. Insomma, è una squadra solida. Unica pecca: è un gruppo un po’ umorale. Ma se incrociato in un periodo di solidità mentale come questo – chiedere al Genoa per credere – è ai limiti dell’ingiocabile. L’unica partita persa è quella che si è conclusa dietro ad una scrivania. Anzi, che non si è ancora conclusa: un ricorso potrebbe riaprire il capitolo di Verona-Roma.
Bisogna scendere fino alla quarta posizione per trovare la Juventus. La squadra enna-campione d’Italia in carica ha cambiato tanto, lo sappiamo. Partendo dall’allenatore, quell’Andrea Pirlo che da debuttante si è ritrovato seduto sulla panchina più prestigiosa d’Italia. Idee chiare, schemi pure, ma alla fine le partite migliori sono quelle svoltate da quel signore lì.
Quello che in bacheca ha Champions League e Palloni d’Oro. Quello che sulla maglia ha il numero 7. Quello che quando è mancato a causa della posività al Coronavirus è mancato. Quello che ora come ora è imprescindibile, ma che ora rischia un nuovo stop. Gli altri, Morata su tutti, sono avvertiti.
A pari punti con la Juve c’è l’Atalanta. Dopo due terzi posti di fila, parlare di sorpresa per la squadra di Gasperini è impossibile. E paradossalmente, il difficile arriva adesso. Perché ora la ‘Dea’ è costretta a tenere alte le aspettative, a mantenere quel livello qualitativo di gioco che più e più volte ci ha fatto strabuzzare gli occhi nell’ultimo biennio (e oltre).
Batoste come quella rimediata contro il Liverpool hanno fatto suonare qualche campanello, di semi-allarme. Perché essere un’isola felice è bello, ma nel processo per diventare (una) grande c’è anche una crescita di doveri e missioni importanti. A volte forse troppo.
Dobbiamo scorrere ancora un po’ il basso per trovare l‘Inter di Antonio Conte. Nello spogliatoio nerazzuro sì, la parola Scudetto qualcuno l’ha pronunciata. E quel qualcuno allena uno dei gruppi qualitativamente migliori di questa Serie A.
Gli arrivi eccellenti ci sono stati tanti, i dubbi e le critiche pure. A Conte il compito di fare da parafulmine per la propria squadra e a catalizzare al meglio – e nel miglior modulo – una materia prima troppo interessante per sfumare ancora in una stagione da ‘ziru tituli’. Anche se lo ‘score’ da 12 punti nelle prime 7 giornate riporta alla mente uno spettro dal nome De Boer…
A pari punti con l’Inter ci sarebbe il Napoli di Gennaro Gattuso. Il condizionale è portato dal caso della partita contro la Juventus, di cui si è parlato fin troppo nell’ultima pausa Nazionali.
L’arrivo di Osimhen ha dato un riferimento offensivo e ulteriore imprevedibilità alla squadra che l’anno scorso aveva vinto la Coppa Italia e soprattutto aveva fatto intuire tanti margini di crescita. Ma non parlate di Scudetto a Ringhio, altrimenti…vi ci manda!
Non ci siamo dimenticati nessuno, vero? Quasi.
Perché l’unico dubbio di questo avvio di stagione a dir poco turbolento è la Lazio di Simone Inzaghi. Quella squadra tornata dopo quasi un 20ennio ad odorare lo Scudetto prima del lockdown. Quella squadra che quando il quarto uomo alza la lavagnetta del recupero si accende. Quella che al ritorno in Champions League dopo più che un decennio avrebbe forse sperato in qualche acquisto in più.
Inzaghi dà sempre l’idea di trarre fuori il massimo dal gruppo, quest’anno tirato più volte all’osso dalla questione dei tamponi.
Il bilancio per queste prime 8 è abbastanza evidente.
Le prime due, Milan e Sassuolo, si ritrovano in testa dopo un avvio oltre ogni previsione, e sperano di rimanerci il più possibile.
La Roma prova a migliorarsi dallo scorso anno, come ammesso da Fonseca. L’obiettivo può essere la Champions League, questo lo ha fatto intendere tra le righe Mkhitaryan.
Chi in Champions League quest’anno c’è, Atalanta e Lazio, paga l’ambizione di essere grande e gli oneri di guadagnarsi questo status.
Juventus e Inter sono le squadre sulla carta più attrezzate, con tanti dubbi quanti margini di crescita. E obblighi di vincere.
E alle ‘7 sorelle’, in questo avvio si sono sostituite le ‘9 regine’ (compreso il Verona), visto che sono tutte racchiuse in appena 5 punti.
Forse perché parlare di Scudetto è prematuro. O forse, anche perché potremmo goderci uno dei campionati più equilibrati e incerti degli ultimi anni.