Conte e Agnelli: la ragione di nessuno, il torto di entrambi

Juventus' coach Antonio Conte (R) and Juventus' president Andrea Agnelli celebrate during the ceremony of the Scudetto, the Italian Serie A trophy after the Italian Serie A football match between Juventus and Cagliari at the "Juventus Stadium" in Turin on May 11, 2013. Juventus cemented a 29th title triumph a week before after another near flawless campaign, but for coach Antonio Conte hoisting the club back among the giants of European football will continue to be hampered by a cash-strapped Serie A. AFP PHOTO / GIUSEPPE CACACE (Photo credit should read GIUSEPPE CACACE,GIUSEPPE CACACE/AFP via Getty Images)

Dopo Ibrahimovic contro Lukaku ecco Conte contro Agnelli. Pochi giorni orsono la Coppa Italia 2020/21 ha regalato un altro duello rusticano, con l’aggiunta di un pregresso decisamente più succoso. Non vecchie ruggini legate alla comune militanza nel Manchester United, ma un rapporto deflagrato in maniera fragorosa in una calda giornata estiva di sette anni fa. Conseguenza di quanto accaduto mercoledì sera all’Allianz Stadium non poteva che essere la formazione di due opposti “partiti”: da una parte una fetta consistente di tifo juventino schierato con le parole poco galanti del presidente bianconero, dall’altra un’altrettanto consistente porzione di tifo nerazzurro favorevole al dito medio tutt’altro che conciliante mostrato dal mister salentino.

Mai contrapposizione fu più inutile, salvo che non si pensi (legittimamente, per carità) che episodi del genere possono capitare anche a chi ricopre ruoli “appena” più importanti rispetto a quello, pur rispettabilissimo, del semplice tifoso. Perché Antonio Conte e Andrea Agnelli sono due personaggi i cui ruoli e la cui importanza impongono di evitare scene come quelle viste mercoledì. Se da un lato ci può stare che il tifoso interista medio sogni di rivolgere il dito medio al presidente della Juventus, o che un sostenitore bianconero sogni di apostrofare in un certo modo l’allenatore dei rivali nerazzurri, ci sta meno che ad avere questi atteggiamenti siano i diretti interessati per i ruoli che ricoprono. Soprattutto Agnelli, che della Juventus è il massimo rappresentante.

Nessuno pretende, sia chiaro, che il calcio diventi un gioco per educande o che l’agonismo non giochi il ruolo che indubitabilmente gioca. Ma chiedere a chi ricopre un ruolo importante in due società così prestigiose è il minimo sindacale. Valeva per Ibra contro Lukaku, a maggior ragione vale ora. Ecco perché le discussioni su chi tra Conte e Agnelli sia il buono e su chi sia il cattivo non sono sbagliate. Sono, molto più semplicemente, inutili.