Come Arteta ha restaurato l’Arsenal

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L’Arsenal di Arteta è una creatura che profuma tanto di antica bellezza quanto di sfavillante modernità, la cui evoluzione è frutto di un calcio che ha origini ben lontane dal football odierno, ma che si conferma sempre moderno e al passo coi tempi nei suoi principi tattici. Il manager spagnolo è stato in grado di restaurare lo splendore del club attraverso le idee coltivate negli anni del City al fianco di Pep Guardiola: un capitolo della sua vita che lo ha reso, in tutto e per tutto, l’ultimo erede del “Tiki Taka”.

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La filosofia di Arteta e il calcio dell’Arsenal

Il calcio proposto dal tecnico spagnolo non è altro che una versione personalizzata e modernizzata del celebre Tiki Taka, che a sua volta è figlio del “Calcio Totale” ideato da Rinus Michels e promulgato poi da Johan Cruijff. Arteta è stato eccezionale nell’adattare le sue idee non solo in base alla squadra che ha a disposizione, ma anche al campionato in cui essa gioca, esattamente come ha fatto Guardiola nel corso della sua carriera. L’Arsenal scende in campo per dominare il gioco attraverso il possesso palla, avvolgendo l’avversario in una morsa di passaggi che sfrutta al massimo l’ampiezza del campo. Una delle particolarità dei Gunners risiede in un centrocampo folto e completissimo, in cui fisicità, intelligenza e visione di gioco si mescolano in uno shaker armonioso ed efficace. Xhaka e Partey risultano delle dighe perfette in questo senso, in quanto entrambi duttili e magnifici nella gestione del possesso palla e dei ritmi della partita. La difesa, oltre ad occuparsi della prima costruzione, è diventata estremamente camaleontica nella gestione delle transizioni, risultando essere tanto abile nell’aggressione alta quanto nell’occupazione delle aree a palla lontana.

In fase offensiva i londinesi sono una vera e propria gioia per gli occhi, grazie alla frizzantezza e la qualità dei calciatori presenti dalla trequarti in su. Martinelli e Saka sono delle schegge di caos qualitativamente sopraffine, sorrette dalla brillante mente di Ødegaard al centro. La presenza del norvegese risulta una vero e proprio centro di comando che ragiona costantemente in verticale, e che fornisce sempre un ampio ventaglio di soluzioni di gioco. L’arrivo di Gabriel Jesus inoltre ha completato definitivamente un reparto imprevedibile e stilisticamente pregevole, in cui la costante creazione degli spazi attraverso movimenti, scambi rapidi e inversioni di posizioni risulta il dictat assoluto. Un espressione calcistica elegante ed allo stesso tempo esplosiva, in quanto più diretta e trasformista rispetto al classico Tiki Taka.

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La forgiatura dei talenti e il senso d’appartenenza

Uno dei segreti più grandi di Arteta giace nella sua capacità di forgiare i talenti presenti nella rosa. Uno degli esempi più lampanti è quello di Saliba, che in mano al tecnico spagnolo è diventato un vero e proprio leader della squadra non solo dal punto di vista tecnico, ma anche mentale. Lo stesso Tomiyasu sta crescendo esponenzialmente tra le file dei Gunners proprio grazie alle idee dello spagnolo, che lo stanno rendendo sempre più duttile dal punto di vista tattico. Anche l’esplosione di Saka va attribuita alla gestione dell’ex allievo di Guardiola, dimostratosi in grado di “crescere” la squadra con rigore ma anche con grande carisma ed empatia. Uno dei principi chiave di questa restaurazione sta proprio nel senso d’appartenenza trasmesso da Arteta alla squadra, in quanto ex giocatore dell’Arsenal e innamorato del club, un fattore che, per quanto possa sembrare a molti banale, risulta spesso decisivo quando si scende in campo.