Certi amori non finiscono
Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi (a volte) e poi ritornano, cantava Antonello Venditti in Amici mai, uno dei suoi tanti successi. Il calciomercato ci ha abituato – da sempre – a dei graditi e, spesso, inaspettati ritorni.
A cominciare da quello di Borja Valero alla Fiorentina. I viola lo hanno portato in Serie A nell’estate del 2012, dopo che lo spagnolo era clamorosamente retrocesso con il Villareal. Il sindaco, come è stato ribattezzato a Firenze prima e a Milano poi, si è preso sin da subito le chiavi del centrocampo e del cuore dei tifosi toscani. Cinque anni intensi, indimenticabili. Poi lo strappo con l’ex dirigenza ed il passaggio all’Inter, allenata da Luciano Spalletti, uno dei suoi più “accaniti” estimatori. Tre anni dopo, Borja Valero è pronto a tornare nella sua Firenze, stavolta per sempre.
A proposito di ritorni inaspettati, come non citare quello di Radja Nainggolan al Cagliari. Il belga si è fatto conoscere con la squadra sarda: cattiveria e qualità le sue migliori caratteristiche, che per quattro anni hanno fatto innamorare i tifosi e le altre squadre, tra cui la Roma. I capitolini lo portano all’Olimpico nell’inverno del 2014, dove esplode definitivamente e si consacra come uno dei migliori centrocampisti della Serie A. Ancora una volta c’è lo zampino di Luciano Spalletti, che lo inventa trequartista, regalandogli – e regalandosi – la migliore stagione della carriera. Quando Spalletti si sposta sulla panchina dell’Inter, la prima richiesta (dopo Borja Valero) è il Ninja. Il trasferimento arriva con un anno di ritardo e, causa infortuni e problemi extracampo, la storia d’amore con i colori nerazzurri non è delle più felici. Che si fa? Si torna dove si è stati bene (per citare Emma Marrone) e dove il cuore batte ancora forte quando si pronuncia il nome di Radja.
Restiamo a Milano, spostandoci sulla sponda rossonera. Il Milan sa cosa vuol dire riabbracciare un figliol prodigo e negli ultimi anni sono stati principalmente tre i colpi che hanno fatto (re)innamorare i tifosi del Diavolo.
Andriy Shevchenko, ora CT dell’Ucraina, è uno di quei nomi che provocano sobbalzi nei cuori degli amanti del Milan. Trecentoventidue presenze e centosettantacinque gol, segnati tra San Siro ed il resto del mondo, una Champions League (con il rigore decisivo segnato in finale contro la Juventus), uno scudetto, un Pallone d’Oro, ma soprattutto l’affetto e la riconoscenza di milioni di tifosi. Portato in Italia alla fine dello scorso millennio, resta a Milano per sette favolosi anni e, dopo una breve parentesi al Chelsea durata appena due stagioni, ritorna romanticamente al Milan, prima di chiudere la carriera nella sua Kiev.
Ricardo Kakà, o Ricky per i più affezionati, è uno dei talenti più cristallini che abbia mai giocato nel nostro campionato. La società rossonera lo ha preso direttamente dal Brasile quando era poco più che ventenne e lo ha coccolato per sei anni, ricchi di emozioni, gol, giocate, trofei. Poi il maledetto dio denaro è sceso in campo ed il brasiliano è volato a Madrid, sponda Galacticos. Atmosfera diversa, amore diverso e fragilità fisica non gli permettono di ripetere le gesta eroiche viste in rossonero e, dopo quattro anni, la sua avventura in Spagna finisce. Il Milan fiuta il colpo, romantico più che altro, e gli regala un’ultima stagione a San Siro.
Ultimo, ma solo in ordine cronologico per carità, è Zlatan Ibrahimovic. A differenza degli altri giocatori finora ricordati, lui è sempre stato abituato a girovagare nel mondo. Milano però gli è rimasta nel cuore. La prima esperienza lombarda la fa con la maglia dell’Inter (no, Spalletti stavolta non c’entra) ed è la migliore sia dal punto di vista realizzativo che di palmarès. Dopo una breve parentesi al Barcellona, arriva la chiamata del Milan, con cui vince uno scudetto appena arrivato e lo sfiora l’anno successivo, prima di lasciare definitivamente la città e l’Italia. Poi lo scorso gennaio, alla tenera età di trentotto anni, “Ibra IZ Back” ed ha trascinato i rossoneri sia dal punto di vista tecnico che psicologico, risvegliando il Diavolo, mangiato dalle fiamme dell’inferno.
L’ossessione è la causa principale di tanti errori e ci è cascato anche Gigi Buffon. La Champions League è forse l’unico trofeo che manca negli scaffali di casa del portierone azzurro e per vincerla è riuscito a lasciare il suo mondo bianconero. Errare umanum est, e Gigi l’ha capito dopo appena un anno che la sua casa è la Juventus. Magari l’ossessione resterà tale, ma l’affetto dei tifosi – per fortuna e per merito – anche.
Ora chiudete gli occhi e pensate al Catania, targato Walter Zenga prima e Sinisa Mihajlovic poi. Qual è il primo giocatore che vi viene in mente? Esatto, Mariano Izco. Otto stagioni in Sicilia, dal 2006 al 2014, con appena cinque gol all’attivo, contro Juventus, Inter, Lazio e Roma. Nell’ultimo anno diventa anche capitano, prima di passare al Chievo ed iniziare a girovagare l’Italia. Oggi, sei anni dopo, il centrocampista argentino è ufficialmente e nuovamente un giocatore del Catania. Cambia la categoria, ma non cambia l’amore per la città e per i tifosi. Quello resta intatto nel cuore di chi ama con tutto se stesso, perché il calcio è (o era) soprattutto passione.