Carlo Castellani, la storia di un bomber che affrontò l’infamia nazifascista

Carlo Castellani, la storia di un bomber che affrontò l’infamia nazifascista

(Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

È il giorno della memoria. Il giorno che, particolarmente in tempi complessi come quelli attuali, deve far riflettere, ricordare, pensare. Si tratta del giorno in cui, la storia dell’essere umano, confluisce in un appuntamento che, necessariamente, deve ricordare le barbarie di cui, l’essere umano stesso, è stato in grado di rendersi autore. La storia, o meglio, le storie. Perché i tempi bui del nazifascismo hanno cambiato l’umanità, hanno scritto romanzi di orrore e dipinto rappresentazioni dell’abominio. Dov’è stato in grado di arrivare l’animo umano, mutando in una forma esistenziale che, giammai, può essere accostata all’esistenza stessa della vita. Una forma unica di crudeltà, di empio che si è abbattuta sulle sorti della società, rendendo impossibile ogni tipo di raffronto. Neppure con gli animali, citando Einstein: “L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”. In un dramma così profondo, non può non essere coinvolto anche il calcio, da sempre specchio della società e delle emozioni dell’essere umano. E una delle tante storie dell’orrore, riguarda un eroe del calcio: Carlo Castellani, l’uomo a cui è intitolato lo stadio di Empoli.

Un ragazzo spensierato che ama il pallone

Carlo Castellani nasce il 15 gennaio del 1909 a Fibbiana, a pochi passi da Montelupo Fiorentino. Castellani nasce in un contesto di agio, da un padre proprietario di una segheria che punta sulla sua istruzione. Infatti, il ragazzo frequenta gli istituti degli Scolopi, faro dell’istruzione maschile verso il diritto pontificio. Castellani coltiva la passione per il calcio che, a quei tempi, tutto è fuorché uno sport di massa. Il regime fascista propagandava forme di diletto sportivo, legate ad attività agonistiche autarchiche come il tamburello o il “bracciale”. E proprio in questo sport, la città di Empoli si distingueva, avendo addirittura vinto due titoli nazionali negli anni ’30. Grazie alla buona condizione economica poteva dedicarsi al calcio, di cui era follemente innamorato. Con il calcio non si mangiava, tantomeno si compravano le Lamborghini o gli yacht. La squadra di Empoli era stata fondata appena nel 1920. I campi si trovavano sul Lungarno Alighieri e, i club, faticavano a sostenere i costi per i palloni. In più occasioni, il giocatore, sfruttava la sua condizione economica per aiutare il club, affittando talvolta carrozze per le trasferte.

L’esplosione e il talento naturale

A 16 anni diventò già un perno della squadra, in cui debuttò nel 1926. Ai tempi, l’Empoli,  lottava per l’accesso alla seconda serie. Castellani segnò 16 gol in 18 partite. Egli si riteneva più un centrocampista ma, il suo estro, abbinato all’eleganza e costanza nel segnare, lo rendeva un bomber unico. Castellani migliorò progressivamente il proprio score, diventando il primo giocatore delle giovanili dell’Empoli ad approdare in Serie A, quando, nella stagione 1930/31, vestì la maglia del Livorno. Sulla costa occidentale toscana vi resta fino al 1933, prima di approdare al Viareggio una stagione, per poi fare ritorno all’Empoli dove conclude la sua carriera, militando in Serie C. Castellani conclude la sua carriera nel 1940 a 31 anni, con 145 partite e 61 gol con la maglia dell’Empoli. Solo Maccarone e Tavano, in tempi moderni, sono stati in grado di superare questo record.

Le barbarie del fascismo, lo sciopero del ’44 e la drammatica morte

L’Europa cambia. L’Italia ne è uno dei principali paesi influenzati. Si diffonde la piaga del fascismo che, in prossimità della Seconda Guerra Mondiale, inizia a fare scempio della cultura, della libertà e dei diritti. Castellani, ormai ex giocatore, continua a finanziare l’Empoli. La città toscana, fu definita dal politico Giorgio La Pira: “La capitale morale dell’antifascismo italiano”. L’aria che si respira è pesante e colma di odio. Il padre di Carlo Castellani David, ha un acceso alterco con un gerarca fascista di Montelupo. Il tutto mentre, il Comitato di Liberazione Nazionale indice un imponente sciopero nazionale. Il regime sguinzaglia i suoi soldati per reprimere la protesta, mediante rastrellamenti mirati e volti a tappare la bocca della libertà. Adolf Hitler impose che, nella notte tra il 7 e l’8 marzo 1944, venisse deportato almeno il 20% degli aderenti allo sciopero.

La notte dell’8 marzo i carabinieri andarono a casa di Castellani che, ai loro occhi, aveva le seguenti colpe: essere un antifascista, chiamarsi David (sintomo di origini ebraiche, ndr), ed essere benestante. Il figlio Carlo si interpose, proteggendo il padre in avverse condizioni di salute. Carlo Castellani fu prelevato e condotto nel campo di concentramento di Mauthausen, nel sottocapo di Gusen I. Dopo lavori vessatori, condizioni igieniche terrificanti, clima avverso e maltrattamenti continui, l’11 agosto del 1944 Carlo Castellani morì nel campo di concentramento a 35 anni. Si narra che, durante il tragitto verso l’inferno, provò ad organizzare una fuga ma, per paura di ritorsioni verso gli altri deportati, desisté. Si racconta anche che, pochi giorni prima di morire, disse ad un suo compagno: “Chissà se Cristo sulla croce ha sofferto quello che ho dovuto soffrire io”. Oggi lo stadio di Empoli porta il suo nome, come quello di Montelupo. Il cuore e l’animo degli esseri umani, porteranno per sempre il suo spirito.