Il “Carlo” dei vincitori: la Champions League riscatta Ancelotti
Un pomeriggio qualunque del 2019, quando tutto sembrava andasse per il verso giusto, un uomo guardava il Vesuvio da lontano: era la fine di una parentesi che si sarebbe rivelata dolceamara. Carlo Ancelotti faceva le valigie per andare via da Napoli. Un vincente che aveva dato tutto, ma non abbastanza per evitare l’uscita di scena: rimpianti, possibilità e ipotesi hanno viaggiato parallelamente per lungo tempo. Solo un verdetto alla fine: esonero. Al suo posto Gattuso, che sembrava il salvatore della patria, invece dopo un buon lavoro non è riuscito a salvare (professionalmente) neanche sé stesso.
La Fiorentina come rimpianto fugace, mentre per Carlo – suo mentore – prima l’Everton poi il Real Madrid. Un brivido Blanco. Di nuovo. I risultati si sono visti. Ancora ai quarti di finale, battendo in Champions coloro che sembravano la bestia nera: PSG. Vittoria in rimonta e via anche gli ultimi pregiudizi su un uomo che, almeno sul campo, ha sempre dimostrato di valere più degli altri. In panchina, a livello europeo, nessuno come lui: parlano i dati. Sono 4 i decenni consecutivi che il tecnico di Reggiolo approda ai quarti di Champions League. Storia, numeri e possibilità.
Ancelotti, impresa Real: il tecnico lascia il segno in Champions
Quelle che avrebbero voluto anche PSG e Napoli, ma il destino ha detto altro; che forse non era il momento, non era tempo, non era stagione. La scena torna a prendersela lui dopo che qualcuno aveva provato a dire basta: la vicenda del tesserino da allenatore poteva voler dire molto, ma la UEFA ha messo le cose in chiaro prima di rischiare scenari complessi e soprattutto senza lasciar pensare al peggio. Ora le nubi si addensano soltanto per Al Khelaifi che compra, spende ma non vince. Segno che il gioco del calcio è un’altra cosa: la PlayStation è roba per ragazzi, il mondo del pallone vero, dove non basta comperare chiunque per fare la differenza, è differente. Se ne stanno accorgendo sotto la Torre Eiffel.
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Un bravo allenatore è colui che oltre ad insegnare compatta: oltre a vincere unisce. Ancelotti c’è riuscito ovunque sia andato, tranne a Napoli, che è la patria dell’unione per antonomasia. Lezione anche per Pochettino: il ruolo dell’allenatore è importante, specialmente in contesti europei. Non basta il talento, serve anche la programmazione e l’affiatamento. Parigi e Napoli hanno mancato di questo, ecco perché poi è difficile arrivare agli appuntamenti importanti e fare la differenza: questione di simbiosi, priorità, voglia.
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Ancelotti ha creato un gruppo unito, voglioso e determinato. Basta vedere i festeggiamenti di Modric e compagni nello spogliatoio: quel legame non si compra. Impossibile trovarlo al calciomercato, bisogna mettere piede negli spogliatoi e costruire. Non come ha fatto Khelaifi, ma nel modo in cui ha insegnato Carlo: discrezione, capacità e poi, forse, i risultati. In quell’esitazione c’è tutta la differenza tra chi ha sempre creduto di potercela fare e chi, invece, lo pretende (senza neppure il minimo auspicio). La rendita sta tutta nel sapersi sorprendere ancora, persino dopo aver vinto tutto. Questo significa avere ancora fame: Napoli e PSG sono stati troppo ingordi. La rivincita è un piatto che va servito caldo, anzi Carlo.