L’ex allenatore di Milan, Juventus e Real Madrid, Fabio Capello, è stato ospite al Festival dello Sport di Trento, dove ha parlato dei momenti più importanti della sua carriera. Ecco le sue parole, riportate da TMW.
Sul suo stile ed il concetto di bellezza nel calcio
“Da allenatore parlavo chiaramente ai miei giocatori. Davo rispetto e pretendevo rispetto. Ma la cosa che più mi faceva arrabbiare e non accettavo era la mancanza di rispetto nei confronti dei componenti dello staff. Nessun calciatore in particolare mi ha mancato di rispetto. Chiaramente si poteva parlare e discutere, ma non avrei accettato altri comportamenti. Non sono un sergente di ferro, mi spiace che mi è stata data questa etichetta. Cosa è per me la bellezza nel calcio? Fare gol dopo 3 passaggi, ad esempio. La bellezza è anche ottenere il risultato anche in base ai calciatori che hai a disposizione. La bellezza sono anche le genialità improvvise dei calciatori come Messi, ad esempio. Due i giocatori che incarnano la bellezza: Paolo Maldini e Franco Baresi, perché trasformavano le difficoltà in cose facili. Avevano personalità e la trasmettevano al pubblico, riuscivano a dare la scossa. Erano simboli di una squadra, il Milan, che hanno incantato la bellezza”.
Sul talento
“A volte viene confuso. Si parla di talento anche di calciatori che ne hanno poco. Il talento si intuisce, poi si deve coltivare. E chi lo possiede deve avere una grande voglia di emergere. Ci sono dei giocatori che hanno qualcosa di più e finiscono per fare la differenza. Permettono alla squadra di vincere, ed è davvero difficile raggiungere un obiettivo senza di loro. Cassano aveva un talento smisurato, negli ultimi 20 metri vedeva giocate che gli altri nemmeno pensavano. Ha dato il 50% perché si è accontentato. È stato un peccato non averlo visto al massimo. Però riusciva a compiere giocate uniche. Van Basten era un altro fenomeno. Mi accorgevo tuttavia che sbagliava il modo di calciare le punizioni. Glielo feci notate, riuscì a correggere il modo di batterli e migliorò anche in questo fondamentale. Anche Ibrahimovic si mise a disposizione con me per migliorare e migliorarsi. È una bella soddisfazione per un allenatore vedere che i suoi insegnamenti portano al miglioramento del calciatore”.
Milan, Roma e Real Madrid
“Al Milan abbiamo fatto cose incredibili. Roma è una città difficilissima, complicato anche il modo di lavorare e comunicare. In questi posti ti lasciano qualcosa di diverso. Il Real, il Bernabeu è un santuario. Le responsabilità erano enormi. Il Real è la squadra che mi è rimasta più nel cuore perché l’ho dovuta costruire portando dei calciatori che pensavi potessero fare la differenza. Al Milan l’avevo trovata fatta e poi aggiustata e c’era una grande organizzazione alle spalle. Al Real Madrid bisognava avere carisma per farti seguire da tutti. Avevo in prima squadra quatto calciatori di 20 anni, presi Seedorf dalla Sampdoria e Roberto Carlos per la difesa. Il Real è la squadra che più ho sentita mia, perché l’ho fatta io. Successivamente vennero Capello e Ronaldo, due che però non facevano vita da atleti. La decisione di mandare via Ronaldo e mettere in disparte Cassano aiutò a creare un gruppo vincente. Recuperammo 9 punti di svantaggio a 10 gare dalla fine dal Barcellona. Sono orgoglioso ancora di questo successo. Ricordo una telefonata di Berlusconi quando decisi di vendere Ronaldo. Mi chiese come era e dissi che non voleva allenarsi, gli piacciono molto le donne e fare feste e gli dico di lasciare stare. Il giorno dopo in prima pagina vidi ‘Ronaldo al Milan’. Fu una cosa troppo divertente”.