Calcio e storia: Roma-Real Madrid, 11 settembre 2001

roma real 11 settembre

Eravamo basiti, incollati allo schermo, come tutti. Le immagini parlavano da sole. Furono momenti di sgomento, ma noi dovevamo anche pensare che di lì a poco ci saremmo trovati di fronte il Real. Invece arrivammo allo stadio discutendo solo delle notizie che venivano da New York. Ci guardavamo in faccia in attesa di avere qualche novità, finché, all’ultimissimo istante, ci comunicarono che si sarebbe giocato.” Così Vincenzo Montella raccontò, anni dopo, Roma-Real Madrid dell’11 settembre 2001. La notte in cui il calcio non si fermò.

In Italia è primo pomeriggio quando la normale programmazione televisiva viene bruscamente interrotta dalle edizioni straordinarie dei tg. Le immagini, terrificanti, sono quelle di una limpida mattina newyorkese, squarciata da fumo, polvere, grida e sirene spiegate. Il mondo assiste attonito alle sequenze in cui due aerei di linea si schiantano contro i grattacieli del World Trade Center. Negli Stati Uniti, così come nel resto del pianeta, non si sa bene cosa pensare. Finché, a poco a poco, inizia a farsi strada la verità. Ma per le Torri gemelle e per le migliaia di persone intrappolate lì dentro, o nei due aerei che si schiantano sul Pentagono e in un campo della Pennsylvania, è troppo tardi. Alle 10.29 ora di New York, un minuto dopo il crollo della Torre Nord, il mondo è già cambiato per sempre.

In Europa, quel martedì è in programma la prima giornata della fase a gironi di Champions League, e il match di cartello è senza dubbio Roma-Real Madrid. I Campioni d’Italia contro i Campioni d’Europa in carica. Per i giallorossi, poi, è veramente un giorno speciale: il ritorno nel massimo torneo continentale a 17 anni di distanza dalla finale persa contro il Liverpool. L’esordio assoluto nella nuova Champions League. Quello che succede dall’altra parte del mondo, però, non può passare inosservato. Le ore che precedono l’inizio di quella prima giornata sono confuse e frenetiche. La situazione è grave, si pensa immediatamente all’annullamento delle partite, ma la UEFA prende tempo. Con la FIFA e i vertici dell’Unione Europea decide di lasciare la decisione sull’annullamento ai singoli Paesi coinvolti. È il caos.

Ovunque ci siano in programma delle partite, le autorità temono problemi di ordine pubblico legati all’evacuazione di stadi già pieni, o quasi. Alle 18, a Mosca, scendono regolarmente in campo Lokomotiv e Anderlecht, le altre due squadre del girone A, quello di Roma e Real. In Italia, intanto, si discute sul da farsi. Curiosamente, è una questione tra presidenti. Franco Carraro, presidente della FIGC, chiede alla UEFA di annullare i match di Champions League. Franco Sensi, presidente della Roma, comunica alle autorità la volontà di non giocare. Ma Gianni Petrucci, presidente del CONI, non è dello stesso avviso: teme, anche lui, disordini e caos intorno allo Stadio Olimpico. Alla fine, quasi sul gong, Gerhard Aigner, segretario generale della UEFA, dice che si gioca. Senza il consueto cerimoniale, osservando un minuto di silenzio e portando il lutto al braccio. Ma si gioca.

L’Olimpico è pieno per l’evento tanto attesa. L’attesa è spasmodica, sugli spalti non si avverte molta preoccupazione per i fatti di New York. La passione sta vincendo la paura. L’attesa del ritorno in Champions League, per di più contro il Real Madrid, fa battere forte i cuori giallorossi. Nonostante si sia deciso di non far risuonare l’inno della squadra, i 74.000 presenti cantano ugualmente Roma Roma Roma. Qualcuno nota l’assenza di striscioni e pensa che sia legata agli attentati del World Trade Center, ma è solo una contestazione dei tifosi romanisti contro la società.

Durante il minuto di raccoglimento, con le squadre schierate e non, come succede oggi, riunite a centrocampo, tutto lo stadio applaude fragorosamente. Parecchi hanno addirittura l’idea di intonare l’inno di Mameli. Insomma, il clima di quella partita è sì surreale, ma non perché si respiri la paura che descrivono tanti giornali nei giorni successivi. Ovviamente il tifo non è il solito, e non potrebbe essere altrimenti, ma a prendere il sopravvento è la voglia di calcio e di Roma.

Neanche la partita è surreale. Nonostante l’11 settembre, Roma e Real provano a giocare. Il primo tempo si chiude a reti bianche, poi i blancos fanno valere la loro superiorità, con la complicità di Pellizzoli. In pochi minuti, Figo e Guti fanno 0-2. Ed entrambi, dopo le reti, si lasciano andare a esultanze che, a posteriori, risultano del tutto fuori contesto rispetto al clima di quella serata. La Roma accorcia le distanze con un rigore di Totti, ma non riesce ad agguantare il pareggio. Nel post-partita, si prova quantomeno a tenere un tono basso. Fabio Capello e Franco Sensi dicono che quella sera non si doveva giocare. Difficile dargli torto. Non ci riesce neanche la UEFA, che, seppur con la solita mossa tardiva, rinvia i match di Champions League in calendario il giorno successivo.

Ma, in fondo, la storia di quel Roma-Real Madrid di quel tragico 11 settembre dà la misura del caos in cui gli attentati di New York precipitarono, e non solo quel giorno, il mondo intero. Anche quello del calcio. Che andò avanti quasi come niente fosse, mentre ancora scorrevano le immagini della Storia, quella con la S maiuscola, che cambiava corso.