Calcio e omofobia, il coraggio dell’arbitro Hagen e non solo
42 anni, fischietto internazionale dal 2009. Ora, anche simbolo di una lotta culturale, in un settore troppo spesso flagellato da luoghi comuni ed intolleranza sociale. Il riferimento è a Tom Harald Hagen, arbitro norvegese in attività dal 2006, coinvolto in un episodio di omofobia. Il 26 ottobre, nel corso di un’intervista per Glamdalen, il direttore di gara ha dichiarato: “È giunto il momento di dire che sono gay. Sono sicuro che da questo verranno solo cose positive: per me è sempre stata una parte del tutto naturale della vita”. Immediatamente, è giunto un grande sostegno da parte dei fan di tutto il mondo, come rivelato dallo stesso Hagen: “Sono sorpreso dalla valanga di messaggi che mi ha sommerso”.
Il fischietto norvegese Hagen, come anticipato, è stato coinvolto in un episodio di omofobia, il giorno prima del coming out ai media. In occasione del match di Eliteserien (massima serie norvegese, ndr) tra Valerenga e Kristiansund, l’attaccante Flamur Kastrati ha rivolto all’allenatore avversario il tristemente noto epiteto: “Finocchio!”. Il giocatore si è scusato pubblicamente ed è stato multato dal suo club. Hagen ha commentato l’accaduto: “È il massimo dell’ironia perché ho arbitrato proprio quella partita. Forse il giocatore l’ha detto per capriccio, può succedere nel calcio. Ma dobbiamo davvero porre fine a tutto questo”.
Personalità del calcio in prima linea
L’arbitro di Grue, è solo l’ultimo di una lunga serie di personaggi del mondo del pallone dichiaratisi omosessuali e, consequenzialmente, schieratisi in prima linea contro l’ingente serie di stereotipi a cui si assiste da anni sui campi di calcio. Circa venti giorni fa, l’ex calciatrice Carolina Morace, a margine della presentazione del libro scritto con la giornalista Alessia Tarquinio, aveva dichiarato: “Ho deciso di fare coming out per loro, per le giocatrici più giovani. L’ho fatto anche per molte mie amiche quarantenni o cinquantenni che non trovano il coraggio di raccontarsi”. Carolina Morace, tra le altre ex allenatore della nazionali di Italia, Canada e Trinidad, aveva aggiunto: “Il mondo del calcio è pieno di pregiudizi e di omofobia. Non biasimo chi non fa coming out. Per molti uomini, non farlo, è una forma di protezione. Bisogna farlo quando si è pronti, quando si è sicuri di poter togliere la maschera senza più rimetterla”.
Sullo spinoso tema, si era espresso anche Claudio Marchisio, ex centrocampista della Juventus e della Nazionale Italiana, riprendendo le parole di McKennie sul razzismo e l’intolleranza in generale. Non di poco conto anche il messaggio di Ekdal nel mese di febbraio, in occasione dell’incontro “Sport vs omofobia”. Il centrocampista blucerchiato, partecipe dell’incontro organizzato al Parlamento europeo, aveva riferito: “Tutti dovrebbero sentirsi liberi di fare coming out, nella vita e nel calcio. Sfortunatamente nel nostro sport non è così: solo otto giocatori hanno dichiarato di essere omosessuali. Molti altri vorrebbero farlo ma evitano, per paura delle reazioni negative”. Una questione che andrà affrontata frontalmente e, auspicabilmente, risolta con interventi massicci da parte delle istituzioni. Per ridare lustro ad uno sport che, tra i suoi valori, non potrà mai prescindere da quello dell’uguaglianza. Perché il calcio è di tutti, tranne che degli ignoranti.