Bruno Pizzul, la voce delle emozioni: il calcio raccontato come un romanzo
Una melodia che senti anche lontanamente e sembra di essere subito a casa. Questo, probabilmente, il vanto maggiore di Bruno Pizzul che le gesta dei campioni le ha raccontate – a partire da quello spareggio di Coppa Italia nel 1970, Juventus-Bologna al quale arrivò con 15 minuti di ritardo, fortunatamente la radiocronaca era in differita – senza dimenticare mai di arrivare al cuore di tutti. Servizio Pubblico, altri tempi i suoi.
Quelli dove il telecronista, malgrado la televisione c’era già da un pezzo, era ancora un riferimento. Perchè le persone guardavano la partita, ma avevano la nostalgia della radio. Una voce calda, accurata, enfatizzata che li rassicurasse. Pizzul era questo: un metronomo, impeccabile e pungente. Come lo era stato per tanto tempo Nando Martellini, che proprio lo stesso Pizzul sostituì a causa di un’influenza nell’amichevole Italia-Inghilterra (vinta dagli azzurri per 2 reti a 1) di 38 anni fa. Era a Città del Messico quando si sedette in cabina di commento.
Bruno Pizzul, voce di un calcio che non c’è più: il racconto romantico di un’impresa sportiva
Sodalizio che durò anche al rientro in Italia. Fino al 2002. Un uomo completo, soprattutto nella nobile arte affabulatoria: non per questo meno conoscitore di calcio. Pizzul sapeva quello che raccontava e sa di cosa parla oggi, perchè a calcio ci ha giocato. Cormonese, Pro Grazia, poi Catania, Ischia e Udinese. La sua carriera professionistica finì a causa di un infortunio al ginocchio. Era un buon centromediano fino agli anni Sessanta.
9 anni più tardi fu assunto in RAI dopo aver fatto il concorso in Friuli Venezia Giulia. Da lì chiunque cominciò a conoscere la sua voce coinvolgente e quel modo altalenante di raccontare le partite. Quasi fossero favole impreziosite ogni volta da un particolare differente. Oggi si fa a gara per inserire aneddoti nel corso delle telecronache: Pizzul non ne ha mai avuto bisogno. Asciutto, pulito e presente. Avendo una ottima conoscenza tecnica, raccontava le gare in ogni sfaccettatura.
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Senza aggiungere troppo e soprattutto senza urlare più del dovuto: non c’era spazio per la sguaiatezza. Bruno Pizzul ha saputo essere garbato anche nell’euforia. Quella L sorda e prolungata dopo una rete: “Ed è golll”, ci hanno provato tutti a imitarla. Nessuno davvero ci è mai riuscito, perché anche i più bravi imitatori cercano di imparare da lui. La lezione, però, dopo 85 anni non è ancora finita. E menomale. Tanti auguri, Bruno.