Benevento-Napoli, oltre il calcio
Fase I
Quando, il 9 marzo, il Governo decise la chiusura del Paese, si fermò tutto. Compreso, ovviamente, il calcio, sospeso in un attimo, quello di Juventus-Inter, giocata la sera prima a porte chiuse. Le settimane successive, il dibattito sull’opportunità o meno di far riprendere la Serie A, infiammarono le prime pagine dei giornali. Il fronte di chi non voleva neanche sentire parlare di calcio giocato, piuttosto ampio, si sgretolò però sotto i colpo della necessità. Economica, prima di tutto: senza partite, il calcio avrebbe perso centinaia di milioni di euro. Ma anche sociale: non può esserci ritorno alla normalità se le attività che rendono, appunto, normali le nostre vite non riprendono.
Fase II
Oggi, ad oltre 7 mesi di distanza, l’illusione che tutto fosse alle spalle è svanita, al sole di un’estate ricca di calcio, mare e aperitivi. Ricca, semplicemente, di quella normalità che in epoca di Covid non ci possiamo permettere. E allora, ecco che si riaffacciano i fantasmi del lockdown, neanche pronunciato dal Presidente del Consiglio Giuseppe, ma annunciato, in Campania, del presidente De Luca. Salvo poi fare retromarcia, ieri, dopo che la protesta era sfociata in tutta la sua violenza nel centro di Napoli.
Fase III
Scene di guerriglia urbana che hanno messo a nudo tutti i nervi scoperti di un Paese preoccupato e diviso, come la classe politica che lo governa. Salute o economia? Aspetti in realtà inscindibili, ma oggi difficilissimi da far coesistere. E il calcio? Il calcio, che da sempre ha risvolti di natura sociale e politica, deve dare un segnale forte. Farsi simbolo di serenità, di pacificazione, come è capitato tante volte in passato. A partire proprio da Benevento-Napoli, che si gioca a poche ore dalla firma di Conte sul nuovo DPCM (che, tra le altre cose, svuota di nuovo gli stadi). Sarà più di una partita, perché pur non mancando i temi di campo, fuori c’è bisogno di prendere un bel respiro e rimettere le cose al loro posto. In rigido ordine di importanza: la salute, le esigenze dell’economia, il calcio. Che non è fondamentale, né essenziale, ma aiuta, anche quando il tessuto sociale si scopre fragile ed il futuro appare incerto.