AS Roma: la squadra bifronte
I numeri e il campo dicono questo: otto partite di fila senza perdere, 16 punti dei 24 disponibili, otto reti subite e quindici realizzate. Tra campionato ed Europa League l’AS Roma ha maturato una discreta striscia di imbattibilità, condita da una buona differenza reti. Questo percorso è macchiato solo dal verdetto a tavolino contro il Verona, quindi ecco che i numeri puri, slegati dal campo, raccontano di sette risultati utili di fila, 15 punti su 24 e undici reti subite a fronte delle quindici fatte.
In campionato la classifica recita settimo posto con 11 punti, gli stessi della spaziale Inter di Conte e dell’attrezzatissimo Napoli di Gattuso. La vetta è distante cinque lunghezze e la detiene il Milan dei miracoli, che tra la fine dello scorso campionato e l’inizio di questo sta indossando le vesti di schiacciasassi.
In Europa League la graduatoria vede la Roma al comando con 4 punti insieme al Cluj, che ha una differenza reti migliore di un solo gol e che giovedì verrà all’Olimpico a giocarsi la vetta del girone.
Guardando le partite della Roma l’impressione è che sia una squadra a due facce: Serie A ed Europa League, attacco e difesa, inizio e fine partita.
Serie A ed Europa League
Gestire i calciatori e dosarli nell’impiego è quasi arte sopraffina, pericoloso strapiombo vicino al quale camminare consapevoli di poter scivolare in un secondo. Lo sa bene Fonseca, che l’anno passato ha fatto della gestione della rosa il suo punto di forza nel girone d’andata.
Dalle prime due uscite europee emerge che la Serie A è appannaggio dei titolari, l’Europa League è affidata alle seconde linee. Due nomi su tutti sono Fazio e Juan Jesus. Messi ai margini della rosa già dallo scorso anno, sfiduciati implicitamente anche dalle scelte di mercato, sono stati schierati nelle due partite di Europa League in assoluta assenza di alternative. La lista, però, non finisce qui. Partendo dal portiere, Pau López – che ormai si è scambiato la maglia con Mirante -, altri profili di seconda linea impiegati prevalentemente in Europa sono Villar, Carles Pérez, Borja Mayoral, Bruno Peres.
Questa gestione dà minuti nelle gambe a chi è meno coinvolto nelle rotazioni e concede riposo ai calciatori impiegati di più. Il rovescio della medaglia è, però, un gioco più compassato e più lento; a partita in corso, infatti, Fonseca è sempre ricorso ai titolari per accendere la gara. L’impressione è che le seconde linee non siano capaci di risolvere, da sole, gare complicate e che abbiano bisogno sempre dei trascinatori.
In campionato, invece, i titolari hanno una marcia diversa e danno la sensazione di poter incidere e creare trame di gioco pericolose. A cominciare dalla difesa, in cui il ritorno di Smalling ha riportato solidità e carisma, tutta la squadra sembra essere più fluida e dinamica. Il centrocampo con Veretout e Pellegrini, in una nuova dimensione di centrale, è capace di fare filtro e smistare il pallone; il reparto offensivo vanta tre diamanti come Pedro, Džeko e Mkhitaryan che, da soli, danno fantasia, tecnica e velocità.
Attacco e difesa
Un’altra dimensione della doppia faccia dell’AS Roma è lo scarto che c’è tra attacco e difesa. Al di là dei numeri, guardando le partite dei giallorossi si nota un reparto arretrato un po’ distratto che concede troppi gol in relazione alle occasioni che lascia creare dall’avversario. Spesso la Roma è stata in controllo di partite che stava vincendo e che si è vista pareggiare per poche disattenzioni difensive che sono costate la rete subita. Un esempio è la partita contro la Juventus, in cui i bianconeri hanno creato poco per merito della Roma più che per demeriti propri, eppure sono riusciti a buttare alle spalle di Mirante due palloni a fronte di tre tiri in porta.
A questo fa da contraltare un attacco sprecone che trova spesso spazi e occasioni da rete che, però, non sfrutta. I centri finora maturati non sono pochi, ma potrebbero essere molti di più. Un nome che spesso ricorre nelle cronache romaniste per essere stato a un passo dal gol è Mkhitaryan, più volte in errore a tu per tu con l’estremo difensore avversario. L’armeno disegna calcio e si rende protagonista con interpretazioni tattiche da manuale, ma manca sempre di precisione sotto porta. Oltre a lui, altre occasioni non concretizzate portano i nomi di Džeko, Borja Mayoral, Pedro, Pellegrini. Insomma: se la difesa concede poco e subisce (relativamente) molto, l’attacco crea molto e realizza (relativamente) poco.
Inizio e fine
L’altro grande problema che divide l’AS Roma in due è l’approccio alla gara. I giallorossi sembrano essere davvero una duplice realtà anche all’interno della stessa partita. Ieri contro la Fiorentina i primi cinque minuti sono stati un arrembaggio viola, anche se non sono costati lo svantaggio. Lo stesso non si può dire delle gare contro Benevento e Milan, rispettivamente in gol dopo cinque e due minuti dal fischio d’inizio; inoltre, la medesima debolezza mentale si è vista anche nel secondo tempo, con le reti di Lapadula al 55° e di Saelemaekers al 47°. Anche in Europa League la Roma è andata in svantaggio all’inizio della gara contro lo Young Boys.
Dopo lo schiaffo, dopo lo choc, la Roma reagisce e si prende la vittoria (o, nel caso dei rossoneri, il pareggio). Costruisce gioco, contiene le trame avversarie, si rende pericolosa. Sembra essere un’altra squadra rispetto a quella che solo pochi minuti prima era in balia dell’altro. La doppia faccia della lupa emerge con forza dopo che è stata maltrattata per un po’ e con tigna e pazienza traccia la propria strada fino al 90°.
Giano
L’AS Roma, quindi, è in fieri e in via di assestamento. Costanza, rodaggio, stabilità, equilibrio sono gli elementi che mancano ai giallorossi per essere solidi. Per ora le tracce sono quelle di una squadra bifronte, “gianica”. Giano, il dio degli inizi, è la divinità latina rappresentata con due teste che guardano in direzioni opposte. La squadra di Fonseca guarda al campionato con avidità e all’Europa League con disillusione; inizia la partita con debolezza e la sviluppa con cattiveria; si difende con le unghie e con i denti, ma attacca senza troppa concretezza. Come Giano, ha due facce.