Dopo aver ingoiato il rospo Spalletti e aver “depotenziato” Giuntoli, De Laurentiis con il suo proverbiale cinguettio social è riuscito a fare il suo ennesimo effetto speciale. Divisivo, come sempre. Ad ogni modo, il Napoli resterà fedele ai concetti di Spalletti. Il modo migliore per mantenere intatta la forza dei campioni d’Italia.
Difficile credere (e accettare) Rudi Garcia come una prima scelta dopo che sono circolati nomi come Luis Enrique, Nagelsmann, Benitez, Conte, lo stesso Galtier. ADL ha preferito puntare su un tecnico da amare nel lungo periodo, comunicativamente scafato, che consente di tenere la barra dritta sulla realtà. Tutto ovviamente subordinato ai risultati. La sua ultima esperienza è stata all’Al Nassr, campionato saudita, dove i rumors ci hanno comunicato che è stato fatto fuori da un “capriccio” di Cristiano Ronaldo. Il primo francese, il secondo straniero dell’era De Laurentiis, che torna a “scommettere” come ai tempi di Rafa Benitez, con il quale gettò le basi del Napoli attuale.
A Roma ha stupito tutti il primo anno dopo aver vinto un campionato col Lille. Quella squadra avrebbe meritato lo scudetto. Poi, non si è più ripetuto anche se nella stagione del Covid il suo Lione arrivò in semifinale di Champions dopo aver eliminato la Juventus di Maurizio Sarri e il Manchester City di Pep Guardiola.
Il francese si è messo in mostra con lo sbalorditivo Lille che, nel 2011, ha vinto la Ligue 1. Il suo 4-3-3 si basava su una grande solidità difensiva e sulla velocità nel ribaltare l’azione sfruttando i tagli degli esterni offensivi. Nella Roma i concetti erano più o meno simili, con Totti centravanti arretrato a lanciare Iturbe e Gervinho sugli esterni.
Il suo debutto fu impressionante, con 10 vittorie consecutive in campionato. In quei 70 giorni ha reso possibile l’impossibile: ha trasformato una squadra, ha reso compatta un’intera piazza. Improvvisamente le decisioni arbitrali avverse venivano accolte con fatalismo e meno vituperazione, senza fare appello a Palazzi e complotti. In questa striscia di vittorie capita anche il derby capitolino, che stavolta viene vinto 2-0 dopo una sconfitta sanguinosa.
Quanto basta perché Rudi partorisca uno dei suoi motti diventati storia, in casa giallorossa: “Abbiamo riportato la chiesa al centro del villaggio”. Gli eventuali episodi sfortunati non erano interpretati come risultati di una sentenza divina, come cose che capitano solo a noi.
Improvvisamente si poteva tornare a discutere di Roma senza dover affrontare temi ridicoli come la presunta poca voglia di allenarsi di alcuni calciatori o l’altrettanto presunta fede laziale di alcuni dirigenti, e il tutto senza rinunciare a un briciolo della focosa passione dell’ambiente, anzi esaltandola. Rudi Garcia era riuscito a portare un’intera realtà oltre i suoi limiti. Proprio com’è riuscito a fare il “contadino illuminato” da Certaldo all’ombra del Vesuvio.
Secondo posto del podio, perché gli 85 punti si schiantano contro i 102 dell’imbattibile Juventus. Si capisce subito che saranno i bianconeri la bestia nera dei giallorossi, e se il concetto non fosse chiaro, a spiegarlo è la sconfitta per 3-2 rimediata a Torino, all’alba della seconda stagione in giallorosso. Le proteste sono furiose, riporta la Gazzetta dello sport, e il gesto del violino del tecnico franco-spagnolo nei confronti dell’arbitro Rocchi fa epoca. “Sono sempre contrario alle ingiustizie”, chiosò il neo allenatore azzurro.
La Roma finisce ancora una volta seconda, ma la distanza con la Juve (stavolta) è siderale. Lui lo fa notare e la proprietà non gradisce. Morale: il terzo anno, che nasce nel segno dei sogni (l’ingaggio del bosniaco Dzeko e Salah su tutti, scrive ancora la rosea), per Garcia finisce già a gennaio, quando viene esonerato con la squadra al 5° posto. Il suo posto viene preso da Luciano Spalletti, che sette anni più tardi, virtualmente, gli restituisce il testimone. Congiunture astrali sull’asse Roma-Napoli.
La scelta ricaduta su Rudi ripercorre quella di due anni fa, quando il presidente puntò su Spalletti, inviso a una parte del pubblico partenopeo per il fatto di non aver mai vinto uno scudetto. Reazione tiepida, quella del tifo azzurro, in parte anche giustificata. La risposta è sempre la stessa: a giudicare sarà il campo…