Anche con l’addio di Spalletti l’ego di ADL gioca un ruolo fondamentale

Anche con l’addio di Spalletti l’ego di ADL gioca un ruolo fondamentale

(Photo by FILIPPO MONTEFORTE/AFP via Getty Images)

L’addio di Luciano Spalletti sembra ormai cosa certa, ma anche in questa storia l’ego di ADL pare assurgere a fattore tra i più determinanti. Di seguito l’articolo per Calcio in Pillole.

Anche con l’addio di Spalletti l’ego di ADL gioca un ruolo fondamentale

addio Spalletti ADL
(Photo by GABRIEL BOUYS/AFP via Getty Images)

Tra le varie tonalità d’azzurro che tingono l’atmosfera di festa delle ultime settimane, si addensano le nubi dell’incertezza sul futuro. A Napoli tutto quanto attiene il prossimo campionato è divenuto oggetto del mistero. Gioco di paradossi, si dirà. Ciò che è certo, però, è la necessità di aggrapparsi al ‘se’. Se la partenza di Giuntoli – direzione Torino (bianconera) – è soltanto questione di giorni (e di accordi), l’addio di Spalletti si avvicina, anch’esso, alle probabilità del certo. Almeno, questo è quel che le parole del tecnico hanno lasciato intendere. Dopo lo straordinario successo di questa stagione, anche il coach di Certaldo è dunque propenso all’addio. Due anni di un progetto agli albori del trionfo. Ventiquattro mesi di valorizzazione di qualsivoglia componente della rosa. Come illustri (e non) predecessori, il tempo è tiranno anche per Luciano. Una clessidra che non consente perpetue ambizioni, e prontamente voltata dalla sapiente mano del presidente.

Anche con l’addio di Spalletti l’ego di ADL gioca un ruolo fondamentale

De Laurentiis
(Photo by Ivan Romano/Getty Images)

Sia chiaro, qui di certo non si può aver nulla. Probabilmente, non avremo mai contezza del vero che ha accompagnato una primavera frenetica. Affidarsi alla narrazione (s)oggettiva dei tempi che corrono è sinonimo di una necessità che si fa virtù. Nei corridoi si inseguono voci di una precarietà che cominciava a nutrirsi degli screzi empolesi di un anno fa, sino ai recenti sgarbi di una PEC mal digerita. Ne consegue l’unica (pseudo)certezza. Luciano, al Napoli, sente di non poter dare ancora molto. Una scelta che, per molti, è imputabile al tecnico.

Nelle scelte personali, si sa, molto passa dalle convinzioni sul futuro, e sulle potenzialità del presente. Soprattutto la possibilità di concedersi ad altro. Per quanto detto sinora, però, non ci si può esimere dal considerare anche quella cura, spesso fondamentale, dei rapporti personali. Il calcio è un’azienda, ma anche tensione all’interpersonale. Il riguardo al fattore umano è propensione ideale a preservare, appunto, un rapporto. Questa, ci perdoneranno in molti, non è sempre una virtù del patron.

Come si è detto, Spalletti non è certo il primo. Tra magnificenze e disonori, i precedenti non mancano. Dopo tre stagioni di bellezza e consensi, Sarri lasciò il club con l’incognita del futuro e ‘la scusa volgare dei soldi’. Walter Mazzarri se ne andò dopo quattro stagioni che riposerò il Napoli sulle mappe d’Europa. Un 3-5-2 che fece proseliti, ma che alla fine non gli evitarono i burrascosi dissensi con il presidente. Oggi Spalletti, incensato da tutti come il direttore di un ‘orchestra magnifica.

Addii eccellenti, con il comune denominatore del rimpianto. Una separazione che squarcia il sereno di un prospetto luminoso, per un saluto che giunge proprio al punto in cui ‘il bello poteva ancora venire’. Nel momento di massimo splendore di una guida tecnica, ci si è sempre ritrovato ad imboccare la via più buia del bivio. Nel momento, soprattutto, di massima popolarità. Nei tre casi citati (così come avvenne per l’addio di Reja, sul quale però incombevano anche necessità di campo) l’addio, infatti, arriva a spezzare una catena di legami che si facevano indissolubili tra la piazza e colui che si faceva idolo. Condottieri a fautori del successo, del cui carisma e merito il tifo si nutriva. Critica e tifosi intravedevano nel tecnico l’espressione più compiuta dei diversi (diversissimi) capolavori. Personaggi popolari in cui individuare la responsabilità (ed il pregio) del trionfo. Eroi, forse, scomodi.

De Laurentiis è personaggio particolare. L’ego del presidente, tuttavia, è noto sia propenso all’ipertrofica estensione di sé. Lungi da noi criticarne le velleità. I recenti successi (e che successi) parlano chiaro. Il ruolo impone, però, l’esposizione ad oneri e onori. In tal senso, non si può certo negare quanto ad ADL lusinghi l’assidua magnificazione. Porsi al centro del proprio mondo, ed accogliere con piacere ogni qualsivoglia apologia. Una aureliocentrica visione del club che difficilmente si sposa con chi, nel tempo, scalfisce il polo magnetico di ogni riconoscimento. Un punto nel cerchio in cui, purtroppo, è difficile trovare spazio per due. I colpi di teatro, giunti puntualmente dopo le gestioni Mazzarri e Sarri, inducono a riflettere sulla necessità di offrire una compensazione in pasto al pubblico. La storia lo suggerisce, il raziocinio lo suppone ed i sentimenti, purtroppo, se ne faranno una ragione.