Dal campo alla panchina, nel giro di un batter d’occhio, ma anche in campo e in panchina. La parabola di Gianluca Vialli al Chelsea, sorta di feudo della Serie A a metà degli anni Novanta, è di quelle peculiari, e che vale la pena di raccontare. Arriva al Chelsea nell’estate del 1996, fresco della vittoria in Champions League contro l’Ajax, con la maglia della Juve addosso e la fascia di capitano al braccio. In bianconero era arrivato nel 1992, dalla Sampdoria, anche in quell’occasione dopo una finale di Coppa dei Campioni, persa contro il Barcellona.
A Londra Gianluca Vialli arriva in compagnia di altri due protagonisti del campionato italiano. Roberto Di Matteo lascia la Lazio, mentre il Parma sacrifica Gianfranco Zola sull’altare del ringiovanimento della rosa. In panchina siede, per la prima volta in carriera, Ruud Gullit. Non è ancora il Chelsea di Abramovich, il club londinese è ambizioso, ma le tante incertezze sul rinnovo di Gullit spingono l’olandese a rompere le trattative. I Blues restano senza una guida tecnica, ma non per molto. La dirigenza del club, infatti, non deve cercare troppo lontano: l’alternativa è sempre stata di fronte a loro. E si chiama Gianluca Vialli, che dal 12 febbraio 1998 diventa allenatore e giocatore del Chelsea.
Un ruolo decisamente originale a certi livelli, anche perché tutt’altro che transitorio. Giocherà ed allenerà per un anno e mezzo, decidendo di appendere gli scarpini al chiodo solo nell’estate del 1999. La sua avventura alla guida tecnica del club, invece, finisce a settembre del 2000. La stagione parte male, e ai pessimi risultati si aggiungono i rapporti ormai logori con diversi giocatori. Nella breve parentesi in panchina, Gianluca Vialli diventa il tecnico più vincente della storia del Chelsea, almeno fino a quel momento. In bacheca porta cinque trofei: la Coppa delle Coppe, la Supercoppa Uefa e la Coppa di Lega del 1998, e la Coppa d’Inghilterra ed il Charity Shield del 2000.