Fino al 1953, per quanto sia strano pensarlo oggi, nell’epoca dei 5 cambi a partita, il calcio non contemplava le sostituzioni. Altro che rose di 25 giocatori e panchina lunga se non lunghissima: gli 11 che scendevano in campo – compreso il portiere – ci restavano fino alla fine. A meno di espulsioni o infortuni gravi. Ma gravi davvero, perché allenatore e tifosi si aspettavano che, per una botta, un piccolo strappo o una contrattura, si stringessero semplicemente i denti. Tornando a fare il proprio dovere fino in fondo. Una logica ancor più vera in Inghilterra, dove il gioco è, potremmo dire naturalmente, più duro. E lo era ancora di più negli Anni Cinquanta.
Premessa doverosa per raccontare una partita altrimenti banale: Aston Villa-Stoke City, del 16 febbraio 1952, a Villa Park. Match della 32esima giornata di First Division, i Villains sono tranquilli al settimo posto, senza grosse ambizioni di titolo. Il terzetto di testa – Manchester United, Arsenal e Portsmouth – è lontano, mentre il fondo della classifica, per lo Stoke City, è un po’ troppo vicino. Vincere, per gli ospiti, diventa fondamentale, ma le cose non si mettono bene. Durante il primo tempo il portiere dello Stoke, Dennis Herod, si fa male ad un braccio, ma i cambi, appunto, non esistono.
Nel secondo tempo, “rattoppato” alla bell’e meglio, torna al suo posto, in campo. Dove, nel frattempo, il risultato sembra scivolare verso il 2-2. Con tanta sfortuna, perché se non bastasse l’infortunio, il portiere dello Stoke viene infilato da un suo compagno, Alan Martin. Avendo poco da perdere, nei minuti finali Dennis Herod decide di lasciare la porta e si lancia in avanti. Ampliando il fronte d’attacco come ala sinistra: ruolo decisamente inconsueto per un portiere. Ma anche scelta fortunata, perché Herod, con un braccio rotto, nel finale trova clamorosamente la rete del 3-2, regalando la vittoria allo Stoke City davanti agli sbalorditi 40.000 del Villa Park. Alla fine della stagione, lo Stoke City si salvò per soli 3 punti.