Il 18 maggio 1994 è il giorno della festa annunciata, in casa Barça: i catalani vinceranno la Coppa. Non è un presentimento: lo sanno. Il più convinto di tutti è proprio Cruijff, l’allenatore. «I tifosi del Milan si godano questo Barcellona: agli italiani non capita tutte le settimane di vedere una squadra che gioca bene come la nostra».
Leggenda da giocatore, rivoluzionario del calcio totale, Cruijff applica gli stessi concetti della sua meravigliosa Olanda anche ora che allena e i risultati, indubbiamente, si vedono. Il suo Barcellona è una gioia per gli occhi, trascinato dalla coppia di attaccanti migliore sulla piazza: Romario-Stoichkov. Ha appena vinto il titolo in Spagna e viene da 15 partite di campionato (14 vittorie e un pareggio) in cui ha segnato 60 gol subendone 15, che significa sì prenderne in media uno a partita, ma anche restituirne 4 alla volta. Dati che rispecchiano alla perfezione la sua celebre massima, quella che dice «Se gli avversari ci segnano 3 gol, bene per lo spettacolo. Perché noi ne faremo almeno 4…».
Non si può dire che se la passi altrettanto bene il Milan di Fabio Capello. I rossoneri hanno appena vinto lo scudetto e sono alla seconda finale di Champions consecutiva, ma paiono a fine ciclo. E la sua arma migliore, la difesa impenetrabile su cui ha fondato i suoi grandi successi, è priva di due elementi cardine. Baresi e Costacurta sono squalificati per la finale. Una grana non da poco da risolvere per Capello, che dopo vari esperimenti opterà con Filippo Galli, solo 7 gare da titolare, al centro insieme a Maldini.
Nel frattempo, ogni conferenza stampa di Cruijff è uno show. Fa lezioni di tattica e spiega il suo modulo ideale, l’1-10, perché «Per sorprendere la squadra avversaria e rompere i suoi equilibri è indispensabile che nel corso di una stessa partita i giocatori sappiano scambiarsi tra loro i ruoli». In due parole: calcio totale.
Invece la vigilia di Capello è una raffica di fuoco incrociato. In conferenza, i giornalisti spagnoli non fanno altro che ricordargli che sarebbe la sua seconda finale consecutiva persa. Capello replica con poco: «Bene. Vuol dire che abbiamo un vantaggio psicologico». In più, c’è quella storia della foto già fatta da Cruijff con la coppa. Quando la notizia giunge alle orecchie dei rossoneri, l’unico a commentare è Savicevic: «Di solito è meglio scattarle dopo», dice il Genio.
Dejan Savicevic quel 18 maggio scrisse il suo nome nella storia del Milan, ma in pochi ci avrebbero giurato alla vigilia. Perché il montenegrino aveva la nomea di giocatore troppo discontinuo per il rigido e tattico calcio italiano. Ma quella sera, in mezzo a tante stelle, fu quella del Genio a brillare.
Tante stelle, perché l’undici titolare di quel Barcellona è una macchina da guerra. Un giocatore come Michael Laudrup siede in tribuna per via della regola dei tre stranieri, caselle occupate da Ronald Koeman, Romario e Hristo Stoickov. Poi ci sono i senatori, Zubizarreta, Amor, Nadal, Sergi, Begiristain, nonché Pep Guardiola. Nessuno ha dubbi, Cruijff per primo: il Barça è favorito.
Capello risponde insistendo nei suoi principi. 4-4-2 e rabbia agonistica: Sebastiano Rossi, Panucci, Maldini, Galli, Tassotti; Albertini, Boban, Desailly, Donadoni, davanti la strana coppia Massaro-Savicevic. Il Genio al 22′ illumina, con il piede destro lui che è mancino: forse voleva tirare, la palla schizza via. La ritrova Massaro, a porta sguarnita, che insacca l’1-0 da pochi passi. Allo scadere del primo tempo, Donadoni strappa su Ferrer e si inserisce nei sedici metri blaugrana puntando la linea di fondo. Palla rasoterra indietro, ancora Massaro impatta e raddoppia.
E poi inizia il bello. Al 2′ della ripresa, Albertini allarga sulla destra, Nadal sembra in vantaggio e prima di spazzare fa rimbalzare il pallone. Savicevic lo anticipa, il pallone s’impenna e scavalca il difensore. Il 10 rossonero rimbalzare la palla e con un sinistro vellutato disegna un pallonetto surreale. Zubizarreta è attonito: 3-0, e Cruijff sembra sprofondare su se stesso. Ancora non è finita. Albertini recapita la sfera a Savicevic ma il suo tocco, sull’uscita del portiere, si stampa sul palo. Poi ci pensa Desailly, palla recupera e break pauroso dopo uno scambio con Albertini. A tu per tu con il portiere, il francese non sbaglia e fissa il 4-0. La Coppa è del Milan, con buona pace di Cruijff.