La scuola austriaca, all’inizio del secolo scorso, ha regalato al mondo del calcio alcuni dei suoi interpreti maggiori. Uno tra tutti, specie per popolarità, fu Matthias Sindelar, il “Mozart del calcio”, che di austriaco, in effetti ha ben poco. Nasce nel 1903 come Matěj Šindelář, nella Moravia austriaca, oggi in Repubblica Ceca, ma all’epoca Impero Austro-Ungarico. La famiglia, di umili origini, emigra a Vienna in cerca di lavoro quando Sindelar ha appena tre anni. Cresce nel quartiere operaio di Favoriten, dove, come tutti i bambini, passa le giornate giocando a pallone. Solo che, a differenza di tutti i suoi coetanei, mette in luce una classe ed un talento sopraffini, pur giocando a piedi scalzi. Nel 1918, entra nel club del quartiere, l’Hertha Vienna, dove impressiona per movenze e sensibilità, giocando da numero dieci e da antesignano del “falso nueve”. Prima di diventare il “Mozart del calcio”, viene soprannominato “Carta Velina”, per il fisico asciutto e le movenze leggere.
La svolta arriva nel 1924, quando l’Hertha Vienna, in difficoltà finanziarie, è costretto a cedere il suo giocatore migliore. Che finisce ai campioni nazionali dell’Amateure di Vienna, che nel 1926 diventa Austria Vienna. In viola, l’ascesa alla popolarità è lenta ma irrefrenabile. Così come con la maglia della Nazionale Austriaca. Che, guidata dal “Mozart del calcio”, diventa il “Wunderteam”, una delle selezioni più forti di sempre. Tra il 1931 e il 1933 l’Austria gioca 20 partite, ne vince 16, ne pareggia 2 e ne perde altrettante, con 99 reti segnate. Un carrarmato che si presenta da favorita al Mondiale del 1934, in Italia. Dove però deve inchinarsi ai padroni di casa, che con una rete irregolare di Meazza e un arbitraggio a dir poco accondiscendente, arriva in finale. Per Sindelar è una delusione cocente, tanto che non giocherà neanche la finale per il terzo posto contro la Germania.
In patria, intanto, è osannato e celebrato, simbolo dell’Austria Vienna che in quegli anni vince un campionato, 5 Coppe d’Austria e due Coppe dell’Europa Centrale. Sì, il “Mozart del calcio” è un eroe nazionale, un orgoglio, celebrato persino in un musical cinematografico, “Roxy und das Wunderteam”, in cui Sindelar interpreta sé stesso. Ma tutto, intorno, precipita velocemente: nel 1938 la Germania nazista invade l’Austria e la annette al Reich. L’indipendenza austriaca non esiste più, così come la Nazionale, e le leggi naziste, in seguito all’Anschluss, estromettono gli ebrei da ogni attività pubblica. Da quelle imprenditoriali al calcio, tanto che ai giocatori dell’Austria Vienna non sarà permesso di salutare il loro ex presidente, Michl Schwarz, ebreo.
Il “Mozart del calcio” non vuole e non può piegarsi, e come raccontano i tanti libri a lui dedicati, reagì così: “Il nuovo presidente dell’Austria Vienna ci ha proibito di salutarla, ma io vorrò sempre dirle “Buongiorno” ogni volta che avrò la fortuna di incontrarla”. Nel frattempo, dopo la Nazionale, anche il campionato austriaco viene assorbito da quello tedesco. Un’umiliazione dietro l’altra, che culmina nella cosiddetta “partita della riunificazione”, tra Austria e Germania, l’ultima della nazionale austriaca. In tribuna, le alte sfere del Partito Nazista, in campo una sola regola: deve vincere la Germania. Solo che Sindelar non è dello stesso avviso. Gioca una partita meravigliosa, forse la più bella della sua carriera, segna e regala l’assist del secondo gol. Vince l’Austria, e al termine della partita si rifiuta di salutare la tribuna autorità con il braccio teso.
Per la Gestapo, il “Mozart del calcio” è un bel problema. Ma la sua popolarità è troppo grande, tra la gente di Vienna, per andare allo scontro. Tanto che gli verranno permessi atteggiamenti e libertà che a pochi altri erano concessi. La sua carriera, comunque, era agli sgoccioli, ma in un contesto del genere, la sua morte, il 23 gennaio 1939, sarà quantomeno strana. La causa viene individuata in una fuga di gas, fatale a Sindelar e alla sua fidanzata, l’insegnante ebrea Camilla Castagnola, che aveva conosciuto a Milano durante i Mondiali del 1934. La versione ufficiale, però, non ha mai convinto del tutto, nonostante il funerale di Stato che il Partito Nazista organizza per il “Mozart del calcio”, che non ha mai piegato la testa di fronte al totalitarismo.