Accadde oggi: il Milan abbandona il campo del Vélodrome
Nella storia del Milan, le figuracce in campo europeo si contano davvero sulle dita di una mano. A livello sportivo, la rimonta subita nella finale di Champions League del 2005 ad Istanbul, ad opera del Liverpool è senza dubbio la più cocente. A qualche anno prima, invece, risale uno degli episodi più controversi che si siano visti su un campo di calcio. Almeno in epoca moderna. Il 20 marzo 1991, i rossoneri scendono in campo al Vélodrome di Marsiglia, per il ritorno dei quarti di finale della Coppa dei Campioni. All’andata, a San Siro, l’Olympique Marsiglia aveva fermato i campioni d’Europa in carica sull’1-1. Serve una vittoria per andare avanti, impresa tutt’altro che semplice.
Specie perché il risultato non si sblocca, ed anzi al 75′ sono i francesi a portarsi avanti, con una rete dell’inglese Waddle. Il Vélodrome esplode di gioia, e per il Milan più passano i minuti e più l’impresa si fa ardua. Si arriva così agli ultimi attimi del match, quando un guato all’impianto di illuminazione porta allo spegnimento di diversi fari. L’arbitro Bo Karlsson interrompe il match e manda le squadre negli spogliatoi. Dopo 20 minuti, il guasto è riparato, e le squadre possono tornare in campo. Anzi, devono, perché così ha deciso il fischietto svedese. Solo che il Milan, su ordine del suo Amministratore Delegato, Adriano Galliani, resta negli spogliatoi.
Quello della dirigenza rossonera è un vero e proprio braccio di ferro, che punta alla ripetizione dell’incontro. Un po’ come successo nel 1988 a Belgrado, quando il Marakana fu avvolto dalla nebbia con il Milan sotto 1-0 e quasi fuori dalla Coppa dei Campioni. Che poi, vincendo la ripetizione della partita il giorno dopo, andrà addirittura ad alzare al cielo. Solo che questa volta i margini per una giravolta del genere non ci sono. Ed anzi, la decisione di non tornare in campo al Vélodrome porterà non solo alla sconfitta a tavolino (3-0), ma anche all’esclusione per un anno dalle Coppe Europee.