Il 9 gennaio 1900, a Piazza della Libertà, nel cuore di Roma, nasce la S.S. Lazio. A fondarla, un gruppo di nove ragazzi, amanti dello sport, dal canottaggio al podismo, capeggiati da Luigi Bigiarelli. La Lazio, appena nata, sceglie i colori della Grecia, patria delle Olimpiadi: il bianco e il celeste. E, come simbolo, l’aquila romana. Il calcio, in quei primi anni, è puro pionierismo, ma la Lazio saprà portare il proprio nome fuori dai confini regionali. Nel giugno del 1907 disputa, e vince, la finale del primo campionato centromeridionale. In un solo giorno gioca, e vince, contro Pisa, Lucca e Livorno. I biancocelesti, negli anni successivi, arriveranno a giocarsi le finali nazioni nel 1913, 1914 e 1923, perdendo contro Pro Vercelli, Casale e Genoa.
Negli anni Trenta, con l’avvento del campionato a girone unico, la S.S. Lazio sfiora il titolo, nel 1937, trascinata dal bomber più prolifico della sua storia: Silvio Piola. Il primo trofeo, però, arriva più di vent’anni dopo. Al termine della stagione 1957/1958 la Lazio, guidata da Fulvio Bernardini, alza al cielo la sua prima Coppa Italia. In finale, è il gol di Prini a permettere ai biancocelesti, capitanati dal mitico Bob Lovati, portiere ancora indimenticato, di superare la Fiorentina.
Per il primo scudetto, invece, si dovrà aspettare ancora qualche anno: il 1974. Quando la “banda” Maestrelli, una squadra fatta di talento, generosità ed estemporaneità, tornata in Serie A solo l’anno prima, stupisce il mondo. La formazione è una filastrocca, per i tifosi laziali al pari di quella della Nazionale Campione del Mondo del 1982: Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico. Gli anni successivi saranno durissimi: dopo l’apice, la caduta è a dir poco dolorosa.
La Lazio, dopo gli incidenti contro l’Ipswich in Coppa Uefa, resta fuori dalla successiva Coppa dei Campioni. Negli anni successivi, il rapporto tra il club e Chinaglia si spezza, e Long John va a giocare negli Usa. Il “padre” della squadra dello scudetto, Tommaso Maestrelli, si ammala e muore alla fine del 1976. Poche settimane dopo, anche Re Cecconi perde la vita, in maniera a dir poco assurda. Sulla S.S. Lazio scende una maledizione che accompagnerà la squadra fino alla Serie B, sull’onda del calcio scommesse, e ad un passo dal baratro della Serie C. L’amore dei tifosi, però, non mancherà mai, e con un colpo di coda, i biancocelesti, sotto la guida di Fascetti, mantengono la B e riconquistano la Serie A, nel 1988.
La società, intanto, torna a vedere la luce, grazie alla oculata gestione di Calleri, che spiana la strada all’avvento del presidente che, per anni, ha fatto sognare la Roma biancoceleste: Sergio Cragnotti. Dalla seconda metà degli anni Novanta, la S.S. Lazio sarà nell’élite del calcio italiano ed europeo. Nel 1998 arriva in finale di Coppa Uefa, e l’anno successivo Nesta e compagni (Nedved, Vieri, Salas, Favalli, Veròn, Almeyda, Sergio Conceicao, Simone Inzaghi) alzano al cielo di Birmingham la Coppa delle Coppe. Il secondo scudetto, invece, arriva nel 2000, anno del Giubileo a Roma e del centenario a Piazza della Libertà. Un successo rocambolesco, all’ultima giornata, al termine di una lunga rimonta sulla Juventus. Sotto la guida di Eriksson sarà un ciclo eccezionale, concluso con sette trofei: uno scudetto, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa, due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane.
Come successe dopo il 1974, gli anni successivi portano enormi cambiamenti. I debiti del club portano a cessioni illustri, e la Lazio nel 2004 rischia il fallimento. In soccorso, arriva Claudio Lotito, presidente parsimonioso e accorto, che nei sedici anni alla guida del club, pur senza mai riportare la Lazio al vertice, ha permesso comunque alla squadra di portare in bacheca tre Coppe Italia e tre Supercoppe Italiane.