Accadde Oggi: addio a Gigi Meroni
Il 15 ottobre 1967, un destino amaro si porta via il talento più fulgido del calcio italiano dell’epoca, Gigi Meroni. È una domenica d’autunno, a Torino, i granata hanno appena giocato la quarta di campionato contro la Sampdoria, regolata con un netto 4-2. Mattatore, con una tripletta, è Nestor Combin, imbeccato per il gol del vantaggio proprio da Meroni. La vittoria convince Nereo Rocco, rigido mister del Toro, a mandare a casa i suoi ragazzi, che di solito restano in ritiro fino al lunedì.
Meroni è con il compagno di squadra Fabrizo Poletti, su Corso Re Umberto I, di ritorno verso casa. I due sono in mezzo alla carreggiata, lontani dalle strisce, e quando scatta il verde fanno un passo indietro. Fatale, perché dalla direzione opposta arriva una Fiat 124, che sfiora Poletti e prende in pieno Meroni, sbalzato e investito da un’altra automobile, una Lancia Appia. Per Meroni non ci sarà nulla da fare.
Il ragazzo che guida la 124, è Attilio Romero, giovane tifoso granata, che solo poche settimane prima aveva sfilato per le vie della città contro la cessione di Meroni alla Juventus. Una tragedia nella tragedia. Resa ancora più assurda qualche decennio dopo, quando Romero diventa presidente del Torino. Il senso di colpa, come racconterà molti anni dopo, non lo abbandonerà mai.
Ma chi era Luigi Meroni? Prima di tutto, un centrocampista esterno di enorme talento. Nato a Como nel 1943, esordisce con la squadra della sua città, in Serie B, a 17 anni. Nel frattempo, per aiutare economicamente la madre, rimasta vedova quando Meroni era ancora un bambino, disegna cravatte. L’estro, infatti, non è relegato al campo di calcio, al contrario: la sua più grande passione è la pittura. Nel 1962, i dirigenti del Genoa, impressionati dalla qualità del suo calcio, lo portano nella città della Lanterna.
In Liguria rimane per due stagioni, le sue prime due in massima serie, condite da gol e dribbling ubriacanti. Che gli valgono la chiamata del Torino, nell’estate del 1964. Negli schemi granata, diventa subito centrale, i paragoni con i grandi dell’epoca, su tutti George Best, si sprecano. In tre stagioni mette in fila 103 presenze e 22 reti, e nel 1966 entra anche nel giro della Nazionale. Meroni, campione moderno, anticonformista e dalle mille passioni e sfaccettature, se ne va così, nel pieno della sua maturità calcistica, in una sera d’autunno, diventando un’icona per chiunque ami il calcio.