Trent’anni, quindici o uno e mezzo. Nell’abbraccio tra Mancini e Vialli, arrivato pochi istanti dopo il rigore parato da Donnarumma a Saka, si condensa tutta la gioia dopo la sofferenza. Non importa se sia quella del 1992, dopo una Coppa dei Campioni persa con la Sampdoria proprio a Wembley, quella degli ultimi quindici anni di delusioni dopo il successo storico del 2006 o quella che ha fatto da filo conduttore in tutta Italia dal febbraio 2020.
Un gesto semplice quanto emblematico, con le lacrime agli occhi e la necessità di realizzare che tutto ciò che fino a pochi secondi prima sembrava solo un sogno, in quel momento era appena diventato realtà. Un legame unico, tra due ex compagni, due amici, due fratelli, che insieme hanno scritto pagine di vita splendide, ma mai così. «Trent’anni fa eravamo insieme e abbiamo sofferto molto. Con lui c’è un’amicizia che va al di là di ogni cosa, ma una cosa così bella nessuno di noi l’aveva mai fatta. Con la Samp fummo sfortunati, oggi si è chiuso un cerchio» ha spiegato il Ct al termine della sfida, con gli occhi ancora lucidi.
Impossibile, per le telecamere presenti sul campo di Wembley, non immortalare quel momento di amicizia, felicità e orgoglio. E impossibile, per chi ha sofferto e gioito davanti ad una tv, non emozionarsi con loro. Perché nell’abbraccio di Mancini e Vialli non c’erano solo Mancini e Vialli.
C’era chi ha perso una Coppa dei Campioni a Wembley o qualcuna in più in giro per l’Europa. Chi ha visto la Nazionale uscire ai gironi in Sudafrica e in Brasile. Chi nel 2012 si è arreso sotto i colpi della Spagna in finale.
Chi nel novembre 2017 ha visto gli azzurri non centrare la qualificazione e qualche mese dopo ha guardato, forse per la prima volta, un Mondiale con disinteresse. C’era chi, nell’ultimo anno e mezzo, ha combattuto una guerra chiuso tra quattro mura, perso persone care, avuto paura di fronte ad un avversario temibile, sofferto per una situazione surreale e sognato questo momento, che finalmente è realtà. E allora abbracciamoci tutti, come Mancini e Vialli, perché quell’abbraccio, in fondo, è quello di tutti noi italiani: siamo Campioni d’Europa.